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Comitato 8 Ottobre - Per non dimenticare

Avvenimenti rimasti nella mia memoria

E' il titolo del libro di Walter Ciceri (Calibano Editore) dedicato ad alcuni avvenimenti storici che, per i più svariati motivi, sono rimasti particolarmente impressi nella memoria dell’autore: una serie di reportage basati su momenti epocali, verificati e ben documentati, narrati dall’autore con l’immediatezza dell’articolo giornalistico.

 

Ecco una stralcio dedicato alla Strage di Linate del 2001

 

Da quando il quartiere Forlanini di Milano (dove io abito) è nato, si può dire che l’aeroporto di Linate ne fa parte, anche se, di fatto, appartiene al Comune di Peschiera Borromeo.

 

Infatti l’aeroporto è praticamente confinante con il mio quartiere e questo ha fatto sì che da sempre io consideri l’aeroporto di Linate come un qualcosa di mio, come se fosse quasi casa mia.

 

Tra l’altro mio papà lì ci lavorò e fu uno dei più importanti dirigenti della S.E.A., la Società Esercizi Aeroportuali di Milano e Malpensa.

 

È di fatto il vero aeroporto di Milano, distante dal centro città appena 15 minuti d’auto.

 

Ma purtroppo proprio nell’aeroporto di Linate, il “mio aeroporto”, l’8 ottobre 2001 ci fu il più grave disastro aereo in assoluto avvenuto in Italia, con 118 vittime, e il secondo più grave al mondo dopo il disastro di Tenerife nel 1977, per quanto ri131 guarda le collisioni al suolo.

 

Proprio perché si trattava dell’aeroporto vicino a casa mia, questo fatto mi impressionò moltissimo.

 

Inizialmente si pensò a un nuovo attentato terroristico, anche perché meno di un mese prima, l’11 settembre 2001, c’erano stati gli attentati terroristici negli Stati Uniti; ma le successive indagini rivelarono invece che si era trattato solo di un incidente, un gravissimo incidente.

 

Questi furono i fatti.

 

La mattina dell’8 ottobre 2001 l’intera area dell’aeroporto di Milano-Linate era avvolta da una fitta nebbia e la visibilità sulla pista di decollo principale era inferiore a 200 metri.

 

Purtroppo anche il nuovo radar di terra dell’aeroporto, acquistato già da tempo, non era attivo, in quanto i lavori di installazione erano fermi da mesi in attesa delle necessarie autorizzazioni.

 

E questa grave mancanza, dovuta alla solita burocrazia italiana, si rivelerà determinante in questa tragedia.

 

Ugualmente disattivati erano anche i sensori di invasione di pista (causa di frequenti falsi allarmi e perciò ritenuti inaffidabili) utili a rilevare e segnalare l’ingresso non autorizzato di aerei sulla pista di volo con il suono di un allarme.

 

Tra i tanti voli di quella mattina, due erano molto vicini tra loro come orario, dopo aver subito dei ritardi proprio a causa della fitta nebbia: il volo SK686 della compagnia di linea della SAS, la Scandinavian Airlines, diretto a Copenaghen e previsto alle ore 8:16 con a bordo 110 persone, incluso l’equipaggio e il volo privato di un Cessna Citation con equipaggio tedesco, diretto a Parigi e previsto alle ore 8:19 con a bordo anche il proprietario dell’industria alimentare STAR di Agrate Brianza, Luca Fossati, più il responsabile commerciale della Cessna, per un totale di 4 persone, inclusi i 2 piloti.

 

Mentre l’aereo della SAS si apprestava a raggiungere correttamente la pista di decollo, il pilota del Cessna, non pratico dell’aeroporto, fu indotto a commettere un errore fatale a causa sia delle mancanze strutturali dell’aeroporto che della negligenza operativa. Il Cessna, quella mattina, non avendo le abilitazioni necessarie a volare con le condizioni di visibilità presenti, non avrebbe potuto neanche atterrare a Linate, invece gli fu concesso anche il successivo decollo in quanto i controlli venivano effettuati a campione. Inoltre le cartine Jeppesen in dotazione ai piloti non erano aggiornate.

 

Il pilota del Cessna, dopo essere arrivato al bivio tra i raccordi R5 e R6, anziché proseguire come istruito sul raccordo R5 prese il raccordo R6, ripercorrendo la strada già percorsa dopo l’atterraggio.

 

Il pilota del Cessna fu indotto in questo fatale errore dalla scarsa visibilità dovuta alla nebbia e anche perché le due sigle in giallo R5 e R6 tracciate sul suolo non erano conformi allo standard ICAO (International Civil Aviation Organization, l’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile): erano infatti scritte in caratteri non più a norma, oltre a essere semicancellate e sbiadite, quindi non risultavano immediatamente distinguibili neanche nelle giornate con buona visibilità. A ciò si aggiunge che nelle condizioni di visibilità di quella mattina potevano risultare visibili le luci verdi presenti sul raccordo R6 poste a 80 metri di distanza dal bivio, mentre quelle sul raccordo R5 erano poste a 350 metri di distanza e quindi non visibili.

 

Una volta superato il bivio, nessuna ulteriore indicazione segnalava su quale raccordo ci si stesse muovendo: il pilota del piccolo aereo privato non ebbe quindi alcun modo di accorgersi di percorrere il raccordo sbagliato.

 

Gli addetti della torre di controllo, cioè il controllore dei movimenti al suolo e il controllore degli arrivi/partenze, a causa della nebbia, ma anche per la mancanza di supporto del radar di terra (che non era in funzione) e per i sensori di invasione di pista disattivati, non si resero conto della posizione errata da parte dell’aereo privato. Nelle comunicazioni intercorse con la torre di controllo il pilota del Cessna riportò di trovarsi sul punto S4 che si trovava, dopo il bivio R5 e R6, sul raccordo R6 in direzione della pista di decollo, ma tale segnalazione non fu compresa. In ultimo la stop bar (il punto di attesa) presente in corrispondenza dell’accesso laterale alla pista di decollo non era a norma, infatti le luci rosse erano sempre accese e non comandabili dalla torre di controllo come previsto dalle norme ICAO.

 

Quindi il controllore degli arrivi/partenze diede l’autorizzazione al decollo all’aereo del volo di linea della SAS e alle ore 8:10 l’aereo della Scandinavian Airlines, con il muso già alzato e in procinto di staccarsi dal suolo, si vide apparire davanti il Cessna appena entrato in pista dal raccordo R6, contro il quale si schiantò a una velocità di 270,5 chilometri orari, spezzandolo in tre tronconi che subito presero fuoco.

 

Tutti i suoi quattro occupanti persero la vita.

 

Nell’urto, l’aereo della SAS perse il motore destro e la gamba destra del carrello principale: il pilota scandinavo portò immediatamente le manopole di comando al massimo tentando ugualmente di alzarsi in volo, ma riuscendoci solo per pochi secondi e fino a una quota massima di 12 metri.

 

La perdita del motore destro e il calo di potenza di quello sinistro (dovuto all’ingestione di una grande quantità di detriti del Cessna) non gli permisero infatti di salire di più: l’aereo della SAS ridiscese verso il terreno, poggiando sulla gamba sinistra del carrello e sull’estremità alare destra.

 

A quel punto il pilota portò le manopole di comando al minimo e poi attivò gli inversori di spinta e i freni e provò a governare aerodinamicamente la direzione del velivolo; ma il sistema idraulico era danneggiato, le superfici di controllo rispondevano male e l’aereo risultava essere ormai del tutto ingovernabile.

 

Il pilota della SAS fece davvero il massimo possibile per evitare il disastro, ma purtroppo fu tutto inutile.

......

 

 

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Buona lettura!

    09/11/2020
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